Cenni critici
<<Nino Mandrici - Il respiro della vita nelle grandi mani di un poeta scultore>>

Mani grandi come bandiere, dalle dita allungate, così Nino Mandrici inizia a parlare delle sue sculture, delle loro mani, sempre protese a catturare sogni, ad afferrare memorie, a raccogliere fiori o le piccole cose, mani grandi per abbracciare, per pensare ed attendere, per consolare ed amare, per esplorare la vita, per stringere corpi e pensieri.
Mani di un poeta scultore, quelle di Nino Mandrici, che ascoltano la voce di dentro e oltrepassano orizzonti e radici per plasmare emozioni, per respirare nella materia i pensieri dell'essere, e dar forma ai silenzi, accarezzare le attese.
Per trovare un modo d'amare e non sentirsi più soli; cercare il riflesso di un sorriso o l'intensità di uno sguardo in un esile corpo scolpito in un legno di cedro o in un tronco d'ulivo portato dal mare. Le ''parole'' della sua arte sono realtà del suo fare creativo, un fare versatile e immenso come le mani delle sue preziose sculture.

                                                                        Nicolina Bianchi - Segni d'arte - Dicembre 2007


<<'Mani come bandiere' al Vittoriano. Ulivo, pero e acero per raccontare le donne di Mandrici>>

L'opera, il capolavoro è già scritto nella materia.
Questo insegnamento di Michelangelo è la bussola che da sempre orienta la scultura di Nino Mandrici, 76 anni, toscano, una carriera che ha rastrellato riconoscimenti e commesse soprattutto negli USA e in America Latina. Scelte di campo nell'arte di figura che tessono da sempre il filo della tradizione e risentono evidenti echi della plastica di Rodin, Gemito, Medardo Rosso.
Mandrici è scultore che trae la linfa della sua ispirazione proprio dalla materia che modella. Esemplari di questo suo approccio le sculture in legno che costellano la sua mostra antologica intitolata Mani come Bandiere, e patrocinata da Comune e Provincia, con cui fino al 19 novembre di presenta al Vittoriano. Sono tutte o quasi figure femminili, dee di pantheon esotici e del mondo classico, incarnazioni della sensualità e della maternità che impregnano l'universo femminile, uno dei suoi leit motiv più sentiti.
Volti molto intensi e quasi stilizzati, ma corpi che emergono per germinazione dai vari tipi di legno che l'artista trova e ricicla, e ne rubano sangue,colore, espressione, adattandosi alla torsione drammatica dell'ulivo, alla calda pastosità di un pero, ai bagliori rossastri dell'acero.
Un mimetismo che a volte caratterizza in eccesso, in modo iperbarocco, le sue opere ma distilla in altre composizioni più riuscite, emozioni di coinvolgente poesia.

                                                              Danilo Maestosi - Il Messaggero - 8 novembre 2006


<<La ricerca estetica di nino Mandrici>>

Passione, lirismo e umanesimo caratterizzano le opere di nino Mandrici esposte al complesso del Vittoriano nella mostra Mani come bandiere.
Umanità e solidarietà. Quarantacinque sculture in bronzo, terracotta e soprattutto legno, oltre ad otto dipinti, ripercorrono il cammino artisticodi uno scultore figurativo che mette al centro cella sua ricerca estetica l'uomo. Certo le mani sono d'importanza vitale per un artista che,rifacendosi ad un concetto michelangiolesco, vuole liberare l'anima imprigionata nella materia, quella forma sconosciuta che solo lui vede, magari in un pezzo di legno trovato per caso su una spiaggia maremmana e poi sapientemente lavorato.''Perchè le mie sculture hanno sempre le mani così grandi e le dita allungate come se volessero afferrare i sogni?'', si chiede l'artista e da solo si risponde: ''E' perchè''sono le mie mani ed io cerco sempre di carpire quanto più posso da ciò che mi circonda, dalle emozioni, dalle cose''.
Ed è sempre lui che in una poesia afferma: ''Porto il mio cuore/ come una ferita/ le grandi mani/ come pigre ali/ l'alveare della memoria/ come una vecchia bandiera''.
Una bandiera che sventola per ricordarci che tutti apparteniamo alla stessa terra, tanti microcosmi in un macrocosmo universale.
I temi più cari sono l'amore, la maternità, l'incontro tra esseri umani che si concretizzano in figure nodose e contorte, altre volte filiformi, altre volte ancora morbide e dolci. La vita, la gioia, il dolore e la morte sono fortemente espresse nelle sue opere, come pure nei suoi versi.
I maestri ai quali guarda sono Ugo Attardi, Emilio Greco, Corrado Cagli, Pericle Fazzini, ma si avvertono anche gli echi di Gemito, Rodin, Medardo Rosso.
Nato nel 1930, Mandrici compie i suoi studi in Maremma e poi a Roma. Già da ragazzo, intorno ai dieci anni, dimostra la sua vena creativa nel costruirsi i pupazzi del suo teatrino.
Ma è in Venezuela, dove si reca per motivi di lavoro, che si appassiona all'intaglio del legno eseguito dagli indios Guajiiros.
Nel 1968 abbandona ogni altra attività per dedicarsi completamente alla scultura e nel 1969 inaugura la sua prima mostra.
Da allora è tutto un susseguirsi di esperienze diverse, tra cui un soggiorno in un Kibbutz israeliano, di ricerca di nuovi materiali e di esposizioni in Italia ed all'estero.

                                                                                                Il giornale - 17 novembre 2006


<<La meraviglia del legno con Nino Mandrici al Vittoriano Roma>>

Tronchi di ulivo, di fico, di pero, di mogano: il legno è materia viva nelle mani di Nino Mandrici, che racconta con le sue sculture (anche ceramiche, bronzi, resine ed alcuni dipinti) un sogno di solidarietà e incontro.
Oltre 50 opere significative di tutta la lunga carriera dell'artista maremmano che sono allestite da ieri al Complesso del Vittoriano.
Intitolata ''Mani come bandiere. Umanità e solidarietà''.
In realtà l'esposizione di Mandrici ha poco di retorico, per esprimere invece il felice connubio tra ricerca estetica e una profonda dimensione morale. '' Con questa mostra volevo fare qualcosa di sereno - dice l'artista guardando le sue opere - è l'umanità il filo conduttore della mostra.
Una umanità che non ha paura di abbracciarsi, che non vuole più ''guardare il prossimo solo come a un nemico da prevaricare, sentire che invece è una persona da amare e rispettare''. Per questo, al Vittoriano, Mandrici ha portato soprattutto gli amanti, i poeti, le giovinette, le maternità.''Mi chiamavano lo scultore delle maternità - racconta - ne avrò realizzate almeno trecento, tutte diverse l'una dall'altra. La maternità è il mistero più grande della vita, e la deformazione del corpo femminile mi ha sempre entusiasmato''.
Non è difficile credergli. Le sue opere sono come lunghi parti, in cui la tecnica consumata di artista e la ricchezza di riferimenti, maturati in quasi 60 anni di attività (da Cagli a Emilio Greco, da Attardi a Pericle Fazzini) sono solo aspetti di un travaglio creativo, che al termine esplode in una gioiosa vitalità.
Quello che colpisce è la pregnanza della materia, il legno nodoso, le venature, il colore, che vengono prima di qualunque idea. Mandrici comincia a lavorare alle sue opere, proprio andando in cerca di tronchi nella campagna toscana. ''Questo tronco di Fico l'ho trovato vicino a Livorno - questo, invece, a Sovana. Avrà avuto almeno duecento anni, da quello che mi hanno raccontato i contadini''. E' invece un pino che galleggiava in mare, l'agile figura di ''Alta moda''.
Il legno palpita, cambia colore, c'è l'ulivo toscano, puro, dal colore caldo, e quello umbro con venature che sembrano un merletto. ''Anche i bozzetti che faccio per i bronzi sono in legno ''conferma Mandrici, che pure ha usato pietra, alabastro, marmo, in una continua ricerca che l' ha portato in giro per il mondo.

                                                                                           Secolo d'Italia - 9 novembre 2006


<<Mani come bandiere di Nino Mandrici al Vittoriano>>

E' il 68 l'anno in cui nasce il carattere scultoreo di Nino Mandrici, la cui passione si manifesta già all'età di dieci anni con il suo amato teatrino di pupazzi di legno a cui decide un giorno di conferire una espressività tale da portarlo a quella febbrile attività che ancor oggi sitraduce nei suoi capolavori.
L'arte del trattare il legno con una così grande seduzione gli fu suggerita dal padre, che da buon ex artigiano del legno, insegnava al figlio tutti isegreti del suo affascinante mestiere.
L'essenza di ogni tronco, di ogni ramo, di ogni resto di materiale orfano trovato su una spiaggia, o in un angolo di qualche campagna che parla, narra, racconta una vita e un'esistenza. Materia grezza che l'artista intaglia, scava e leviga in un susseguirsi di sporgenze e di rientranze,che poi come per magia diviene sagoma, uomo, donna, essere umano che prende vita dallo stesso materiale che un attimo prima era lì, pronto a morire.
Così le sculture di Nino Mandrici prendono forma dall'amore e dalla dedizione dell'artefice, che da loro vita e nuova speranza.
Il mare e la campagna come luoghi di scoperta e rinascita in cui lo scultore inizia la sua avventura; la Maremma - nello specifico, località come Feniglia e Bocca d'Ombrone - è sicuramente lo scenario prediletto dello scultore - in quanto maremmano di nascita - poichè ivi ritrova i materiali nel loro aspetto più umile e dimesso, trascinati e deformati dalle onde e dagli ostacoli che incontrano nel loro ininterrotto errare.
E poi la campagna come fonte inesauribile di materia che l'artista fiuta, sceglie e modella secondo ciò che tali resti suggeriscono alla sua creatività.
Infine i suoi tanti amici che permettono all'artista di scoprire la magia di materiali che sarebbero altrimenti gettati via.
'' L'uomo libero è solo '' questo il titolo di una delle opere dell'artista la cui poeticità si coglie nelle grandi mani e nello sconcerto di un volto avvilito la cui frustrazione è rivolta al perchè: il perchè del dolore, del male, dell'ignoto e della vergogna nella solitudine di una vita.
E poi i lunghi arti e le oblunghe forme che si offrono al mondo nonostante il suo carattere traditore. Un'opera che in se riassume invece la grazia, la saldezza, e non per ultima la passione con cui lo scultore polisce e plasma le sue creazioni è '' Il bacio '' - scultura in legno di ulivo - che rappresenta l'incontro tra due amanti, due corpi che si sfiorano e si fondono in quell'attimo di eternità che non sarà mai cancellato.
E le tante rappresentazioni di donne in dolce attesa, che siano esse eseguite in terracotta, in mogano, in pero o in fico, lasciano tutte una sensazione rassicurante che si può tradurre in fiducia nel futuro nonostante tutto. Il tema della simbiosi è quello che sembra scaturire da ogni lavoro dello scultore. Simbiosi tra lui e il materiale che si fa tutt'uno con la sagoma in una reciproca e felice coesistenza. Il dolce modularsi della terracotta - che l'artista usa spesso e volentieri per tenere esercitate le dita fautrici delle opere d'arte -, il carattere introverso del bronzo, la sfaccettata lucentezza del legno di ulivo, la caparbietà del legno di fico, il caldo snodarsi del legno di rovere; questi ed altri i materiali con cui l'artista lavora, trattandoli con un amore e un fare sereno, che spingono il materiale stesso a soggiacere all'estro e al fare poetico dell'artista.
Un inno alla pace e alla trasparenza dei sentimenti l'arte di Mandrici, che effigia la speranza in un futuro che non si conosce, tendendo le mani a ciò che ci circonda, senza timore e senza pregiudizio. Il sole, la luce e poi l'ombra si fanno complici nella vita di ogni singola scultura che respira tra levigate e lucenti superfici e le ombrose e seducenti cavità dell'animo. Non solo scultore Nino Mandrici, che per hobby o nel tempo libero traduce il suo grande estro in coloratissime pitture, che emanano una tranquillità e una serenità che contraddistinguono la sensibile e raffinata personalità dell'artista.
La sua arte, principalmente di natura figurativa, pur se in continua evoluzione, lascia uno spazio intangibile al suo pubblico lasciando affiorare una nota astratta come testimonianza di una ricerca artistica che palpita e ansima senza spegnersi mai. Delitto e castigo, croce e delizia:così il nostro corpo come quello delle sculture di Nino Mandrici libera e imprigiona l'animo, che si nasconde tra i profondi tagli e le misteriose insenature dell'essere.

                                                                                   Benedetta Mezzanotte - Culturalevents


<<Mandrici - La linea e il volume>>

Non da moltissimi anni Mandrici lavora nel campo della scultura, ma già la sua opera ha acquistato, oltre che un ricco mestiere(che non è poca cosa in un'arte tanto difficile) un carattere personale: vale a dire che egli possiede, tra tante qualità, almeno una di quelle doti che fanno di un uomo un artista; intendendo un dono naturale e singolare, nè apprendibile nè da prestare. Si guardino i suoi legni raccolti in questa mostra.
In essi l'aspetto più originale è dato dal senso straordinariamente plastico - inteso proprio come volume - che nasce dal correre della linea.
Questa che sembra un'apparente contraddizione di termini o di parole, non è più tale in arte (nell'immagine), ma vuole significare ''quell'unità di forzee cose contrarie'' che ci dà la particolare essenza, la più sorprendente, della creazione figurativa.
Ed è nell'energia della linea - fremente a conquistare lo spazio, a chiuderlo in una forma espressione, a spartirlo, esistenziarlo in una forma sensualità,o a figurare un ''sensibile dramma'' - che la fantasia plastica di questo scultore trova la più felice esaltazione e la più alta tensione.
E' sorprendente la sensazione di felicità, di '' svelta movenza '', in questo correre della visione che s'alza e si snoda con leggiadria e naturale misura,e sorprende ancora di più ''l'espressione'' che ci da l'opera compiuta, dove resta a noi solo l'immagine ormai libera del fare, della fatica, degli accorgimenti tecnici, dei pur comprensibili ripensamenti.
E dispiace sempre, scrivendo di scultura, che poco si conosca di quanto dura e complessa, di quanto spossante sia l'opera dello scultore.Andrebbe visto quanto a lui costi di lavoro materiale, di ferite fisiche oltre che di '' ferite '' e tensione immaginativa. Immagine tenuta viva (e a crescere) nel lungo e snervante operare, sorretta dal mondo fantastico dell'artista, dalle sue più intime e profonde tendenze, intrisa di fatti: dove il mestiere è in ogni momento esperienza e linguaggio. Molti sono i temi di Mandrici.
Ma il tema di fondo è quello dell'uomo: il suo esistere come figura drammatica e solitaria nello spazio. Si guardino i due giocatori di bocce (in vero una scultura che potrebbe essere sviluppata in grandezza moltiplicando molto la sua potenza); e come dalla figura bassa cresca in una faticosa e facile ascesa la figura alta, e come la frontalità dell'una ruoti appena rispetto all'altra, creando quel movimento che col dispiegarsi della linea verso l'alto ci dà quel fremere di volumi; una particolare verità tesa e drammatica.
E così per gli altri legni: le '' donne '', dove la linea divisoria della schiena determina un '' volare '' di forme, fuggenti e carnali. In questo dirompere e racchiudersi dell'energia è la qualità scultorea di Mandrici, la sua rivelazione del reale.
Credo sia dunque questo il nodo primario che dà vita alle sue opere e che, certamente, cresceranno nel tempo, sorprendendoci ancora di più.

                                                                   Ugo Attardi - Mostra alla Galleria il Grifo - 1975


<<Lorena Silvestri>>

..e in tutte le sue opere l'espressione marcata del gesto rapido e armonioso che tende ad aprire alle dimensioni nuovi confini di spazialità, desta interesse per l'immediatezza e l'essenzialità che gli è propria, unite a una fiducia quasi ingenua fra il soggetto e l'oggetto del suo dialogo.
Le sue sculture non hanno bisogno della nostra contemplazione nè della nostra fantasia per vivere: tendono al cielo ma con i piedi ben saldi sulla terra, legate all'umanità.
Le sue figure materne slanciate nella loro altezza rievocano Giacometti, mentre la loro grazia è diffusa nella purezza delle linee che sotto ogni profilo compongono un insieme audace e armonioso di forme vagamente spaziali.

                                                                                           Lorena Silvestri - La Sonda - 1970


<<Pino Garritano>>

Arp, Moore, la scultura africana, diverse ed a volte contrastanti possono sembrare le suggestioni evocate dai lavori in legno,cemento e resina di Nino Mandrici; la stessa diversità e lo stesso contrasto delle materie impiegate ci dimostrano la varietà e la serietà dell'ispirazione di questo artista che nella vita, oltre che nell'arte, ha una vasta gamma di interessi e di passioni (una di queste è la scrittura per l'infanzia, di cui ci ha dato un delicato documento in un libro di racconti apparso di recente).
Ma per tornare al Mandrici scultore, che qui ci interessa in modo particolare, diremo che questa diversità di ispirazione, di modi espressivi e di materiale scultoreo, si riduce in una unità più profonda,che è quella di una viva sensibilità per la vicenda umana, di un amore per l'uomo visto e sentito nelle sue sofferenze,nella sua prigionia morale o intellettuale, ma anche nella perfezione della sua forma fisica, nella nativa primigenia semplicitàdella sua propria inalienabile, materia vitale.

                                                                                           Pino Garritano - Paese Sera - 1970


<<Angelo Falco>>

Trovarsi di fronte alle opere di Mandrici, scultore maremmano emigrato e ''urbanizzato'' in una città così ricca di sollecitazioni culturali come Roma, pone subito il problema della rottura totale con un tipo di linguaggio tradizionale, che va di pari passo con un rispetto religioso dei valori semplici ed al contempo pagani di un'infanzia intellettuale maremmana mai rifiutata. E' in quella preistoria intellettuale che l'autore affonda le mani alla ricercadi quei temi che, nel loro incontro con un linguaggio contemporaneo, si concretizzano in momenti di forte tensione esistenziale, espresso nella forma stilizzata della linea che si stende nello spazio, o i quella corposa e ricca di contrasti sensuali del volume.
Il tema umano è trattato nella forma più semplice e levigata, al di fuori di certi contorsionismi intellettualistici, e al contempo ricca dei fermentie delle tensioni spirituali del nostro tempo. L'uomo di Mandrici vibra nella sua staticità stilizzata di un intenso vitalismo, realizzato in una perfettasintonia con lo spazio, quasi come se quei legni ben levigati, tesi in linea ascensionale verso il cosmo, parlassero nel loro archetipo silenzio.

                                                                                 Angelo Falco - Il Segno dell'Arte - 1972


<<Beppe Bottai>>

...le figure filiformi di mandrici , quasi scarnificate, discendono da una nuova concezione dell'uomo: un uomo non più sicuro dominatore del mondo e della storia come lo era stato nei secoli gloriosi del rinascimento, ma un uomo che i progressi della biologia cellulare, o i tremendi sintomi autodistruttivi dell'era atomica, tolgono dalla tradizionale posizione epicentrica per renderlo unadelle tante particelle di un universo in continua, incertissima espanzione.
Ecco, le immagini che Mandrici ci dà dell'uomo, nascono dall'insieme complesso di tutti icondizionamenti che quest'epoca folle ci impone quotidianamente; e di quest' uomo, in fondo,restano i caratteri più istintivi e naturali: il sesso, per esempio, che presiede ad erotismi sempre meno dialogici, o la maternità,ricondotta alla sua originaria fonte di fertilità esteticamente deformante.
Decisamente Mandrici coglie l'uomo alle soglie della sua ultima tappa storica: quelle figure tremanti ed inafferrabili altro non sono, infatti,che l'immagine, una volta trionfante, dell'uomo che è sul punto di scomparire, vittima delle proprie mille sfibranti e irresolvibili incertezze.

                                                                                           Beppe Bottai - La Maremma - 1972


<<Alberto Baumann>>

...così il tuo mondo di artista è tutto chiuso nel tuo mondo di uomo, di padre e di amico: sei nella scultura come io ti conosco, operoso e fantastico insieme, ma il tuo fantasticare non è ozio è, invece, quel ricercarsi, frugarsi, scoprirsi di nuovo che fa di un uomo un uomo e di un artista, un artista.
Voglio ancora dire due parole su ''tema'' delle tue Menorah che mi è vicino per origini, forze e debolezze, certezze e pianti e sorrisi; voglio dire che ne vien fuori, da quelle opere, una forza poetica e drammatica, per me chiara e intensa. E' la poesia di figure curve (non arrese) sotto il peso antichissimo di eventi che è storia passata e presente. Le tue Menorah sono racconti e partecipazione ed hanno, dietro di loro, parole pesanti che il tempo e lo spazio non dovrebbero far dimenticare. Sono, quelle figure, non limitate al solo soggetto ebraico.
Esse partono da lì, ma spandono il loro sentimento contro ogni tipo di persecuzione, verso ogni essere umano sottoposto a dure prove sotto ogni regime,al di là di ogni razza e colore, sotto ogni cielo.
Anche così sei tu, Nino. La scuola della tua Maremma, aspra, precaria, magra dei tempi dell'infanzia, ha dato i suoi frutti:stai sempre dalla parte di chi vuol credere in ciò che vuol credere, disposto ad ogni rischio, ogni aggressione per continuare a sentirsi dignitoso e nel giusto.

                                                                                           Alberto Baumann - Shalom - 1972


<<Gastone Favero>>

Davanti ad una esposizione di opere di Nino Mandrici gli interrogativi che nascono dal desiderio di recuperare una chiave interpretativa della poetica di un artista il quale, del rigore morale e della perfezione tecnica, ha fatto una ragione di vita, sono innumerevoli, emozionanti,inquietanti, talvolta sconcertanti.
Che ci si trovi davanti ad una madre reclinata sulla propria creatura in un èmpito di pietà, di amore, di dedizione,di protezione, di dolore o di esaltazione; che sia un musico immedesimato nell'estasi delle sue melodie rapprese al proprio strumento (che importa se nobile come un violino, o effimero come un oboe, plebeo come una armonica?) che sembra travolto da una trasfigurazione simbiotica; che il soggetto sia alto, sublime, proteso allo spasimo verso l'infinito, oltre i limiti della carnalità, vittorioso fin sulla caducitàdel mito della forza; che ci voglia suggerire con l'uso sapiente, raffinato, spesso galeotto della materia prescelta, un sentimento di ammirazioneo una ribellione rapace e angustiosa per schierarci dalla sua parte senza consentire l'ombra di un dubbio, Nino Mandrici è sempre all'altezza della propria ispirazione poetica, del proprio mondo morale, della propria valentia tecnica.
Dire della sua forza fisica, nervosa, che la vince su ogni materiale, dire della capacità di impadronirsidi un'idea al punto di renderla essenziale, trasparente, definitiva; dire di questo modo violento eppure giocoso,generoso, di vivere la sua vocazione di artista, richiederebbe ben altro spazio, ma sono evidenze che chiunque, sol che sappia ascoltare la voce vera dell'arte, il fascino pulito della poesia, può cogliere appieno senza mediazioni complicate.
E goderne.

                                                                                                       Gastone Favero - 1980




Sito web ottimizzato per IE 8 - Realizzato da Soluzione Programmata-